SPRINGSTEEN, L’OTTAVO RE DI ROMA

Pensare che Springsteen avrebbe dato il meglio di se solo a San Siro è stato da parte di alcuni un errore perché, oltre ai due fantastici concerti nella Scala del Calcio del 3 e 5 luglio, il Boss ha voluto omaggiare Roma e la sua gente (in senso lato, considerata la presenza di fan da tutte le parti del  mondo) con un’altra interminabile maratona rock che, al pari di quelle di San Siro, resterà a lungo nella memoria dei fan italiani come uno dei concerti più belli del Boss nel nostro paese, vuoi per la location, vuoi ancora una volta per le canzoni eseguite.

Springsteen torna in Italia, dopo i concerti milanesi e una doppia parentesi oltralpe, portando nella Capitale il più grande spettacolo rock di sempre, il suo rock’n’roll circus: la cornice infatti, unica al mondo, è quella del Circo Massimo, una striscia di circa 600 metri di terra esposta incessantemente al sole, nel cuore di Roma, tra Aventino e Palatino, ad un passo da alcune delle innumerevoli meraviglie del museo a cielo aperto che è la Città Eterna, una location che conferisce all’occasione il sapore di un vero e proprio festival rock, come ormai non se ne vedono più in giro.

E non sono bastate le tragiche notizie che circolavano da giovedì sera sull’ennesimo vile atto contro il genere umano a fermare migliaia di fan accorsi da ogni dove, pronti a rispondere a questa irrazionale ondata di odio e violenza che sta sconvolgendo il mondo, con la loro gioia e la loro voglia di celebrare la vita a suon di rock’n’roll. Migliaia di fan di ogni età accorsi per vivere questa nuova maratona rock, che hanno festosamente invaso il Circo Massimo già dalle primi luci di sabato e intrattenuti il pomeriggio con le esibizioni della Treves Blues Band e degli americani redivivi Counting Crows.

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Ma inutile negarlo, l’attesa era solo per il Boss e co., attesa terminata esattamente alle 20.20, quando sulle note di “C’era una volta il West” del Maestro Morricone, intro di ogni concerto del Boss, sbucano sul palco i membri della E Street Band al gran completo, e infine lui, accolto dall’urlo liberatorio dei 60 mila presenti, tra migliaia di cuori sventolanti, Bruce con il suo solito sorriso, il sorriso di un caro amico, il sorriso di chi, dopo 40 anni di carriera e migliaia di concerti in ogni angolo del pianeta, lascia trapelare a tratti una certa emozione alla vista di tanto calore e affetto.

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Bruce saluta il suo pubblico con un quasi timido “Ciao Roma, è bello essere nella città più bella del mondo”, e per ripagare le ore di attesa e non far sentire meno importanti i suoi amici romani, decide di iniziare la sua cavalcata con una stupenda quanto inaspettata serenata eseguita con l’accompagnamento dall’orchestra Roma Sinfonietta; così sulle prime inconfondibili note del piano del “Professor” Roy Bittan si parte con la fantastica e malinconica New York City Serenade, questa sera resa ancora più bella dalla vista di una distesa oceanica di persone interrotta soltanto dal cielo color ocra di un tramonto mozzafiato.

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Ma Bruce è qui per divertirsi e divertire quindi urla “Roma Dajee” – come a voler caricare il suo pubblico li pronto ad esplodere con cori e salti al minimo segnale del Boss – e riparte come un treno con Bandlands e Summertime blues di Eddie Cochran (su richiesta del pubblico) seguite da The ties that bind, Sherry Darling, Jackosn Cage, Two hearts, Independence day e Out in the Street che fanno pensare che questa sera il Boss eseguirà per intero, come già successo a Parigi, il doppio album di The River.

Ma lui ama stupire, inventare e improvvisare e allora dopo Out in the Street, si lancia nella cover di Boom Boom di John Lee Hooker e Detroit medley (sempre su richiesta del pubblico), per passare a You can look but yuo better not touch e Death to my Hometown. Arriva così il momento più intimo della serata, quando solo sul palco imbraccia la sua chitarra acustica e indossa la sua armonica per una struggente The Ghost of Tom Joad seguita da The River e Point black.

Seguono altri classici e richieste dal pubblico come Tougher than the Rest che lo vede duettare con la moglie Patti Scialfa – questa sera nuovamente parte della E Street Band -, per giungere a The Rising and Land of Hope and Dreams come per volere lanciare segnali di speranza dati i tempi, prima dei “fuochi d’artificio” lasciati agli intramontabili anthem rock del bis.

L’ultima parte del concerto, come sempre interminabile, è affidata quindi a Jungleland, Born in the Usa, Born to Run, Ramrod e ovviamente Dancing in the Dark che testimonia ancora una volta l’eterogeneità del popolo springsteeniano: così vengono scelti per salire sul palco una “ragazza” che chiede al Boss di ballare con lei – quasi 65enne – prima che sia troppo tardi, un ragazzino quasi in lacrime per la felicità, amante della batteria, che chiede di suonare insieme a Max Weinberg e una altissima quanto biondissima ragazza svedese già avvistata nel PIT nelle due date di Milano che finalmente, dopo tanta costanza, vede realizzare il suo sogno di ballare con il Boss.

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Con Shout e Thunder Road si conclude infine un’altra magnifica serata: sono le 0.12, sono passate 3 ore e 52 minuti, per un totale di 33 canzoni. Springsteen abbandona il palco mentre 60 mila persone festanti continuano ad urlare come sulle note di Shout magari con la speranza che il Boss ci ripensi e torni sul palco per regalare un’altra, ultima canzone. Purtroppo per noi non accade. Inizia così un esodo composto di migliaia di spettatori verso le 3 uscite del Circo Massimo. Sul volto di ognuno di loro comincia ad apparire la stanchezza delle quasi 4 ore di concerto che si sommano a quelle dell’attesa sotto il sole, ma è una stanchezza che trasuda felicità e incredulità per quello che si è appena vissuto, ma soprattutto la consapevolezza che questa sera, ancora una volta, il Boss ha reso le loro, le nostre vite più felici e, ai nostri occhi, il mondo un luogo migliore in cui vivere, la consapevolezza che la musica e il rock possono davvero abbattere le barriere dell’odio e dell’intolleranza e salvare il mondo.

Set List:

New York City Serenade
Badlands
Summertime Blues
The Ties that Bind
Sherry Darling
Jackson Cage
Two Hearts
Independence Day
Out In The Street
Boom Boom
Detroit Medley
You Can Look But You Better Not Touch
Death To My Hometown
The Ghost of Tom Joad
The River
Point Black
Promised Land
Working on The Highway
Darlington Country
Bobby Jean
Tougher Than The Rest
Drive All Night
Because The Night
The Rising
Land of Hope And Dreams

BIS:
Jungleland
Born In The U.S.A.
Born To Run
Ramrod
Dancing In The Dark
10th Avenue Freeze-out
Shout
Thunder Road

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